Venerdì 10 settembre ore 19.00. A seguire ritrovo conviviale.

Nell’immaginario collettivo di molti padovani, e non solo, la torre della Specola è la Torre di Galileo, il luogo dal quale, secondo una falsa tradizione, il celebre pisano eseguì le sue straordinarie scoperte astronomiche.
In realtà l’Osservatorio astronomico di Padova, sito all’interno della Specola, non fu mai frequentato dal famoso scienziato, perché la sua edificazione sulla pre-esistente torre maggiore del Castelvecchio della città non fu messa in atto se non a partire dal 1767, cioè circa 150 anni dopo che Galileo lasciò Padova per trasferirsi a Firenze, alla corte dei Medici. Pur privato di questo mito, il visitatore che viene accolto al Museo La Specola non resta comunque deluso nelle sue aspettative, ma incontra e si confronta con un luogo pieno di fascino. Nato come gabinetto universitario, nel 1923 l’Osservatorio Astronomico di Padova divenne un ente giuridico autonomo, mantenendo la sede della Specola e la proprietà di tutti gli strumenti; come tale attraversò tutto il XX secolo. Nel 2002, persa la sua personalità giuridica, esso è divenuto una delle principali strutture di ricerca dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), l’Ente di Ricerca nazionale preposto allo studio della scienza del cielo. L’Osservatorio, infatti, che da oltre due secoli produce ricerca di alta qualità a livello internazionale, dal 1994 ha scelto di aprire alla città il suo nucleo più antico, la torre appunto, trasformandola in museo astronomico. Il percorso museale si snoda ora attraverso tutta la torre (200 gradini, senza ascensore), toccando tutte le sale utilizzate dagli astronomi padovani dei secoli scorsi, ove sono in esposizione gli antichi strumenti. 

 

L’edificio che vediamo oggi è quanto rimane dell’antica chiesa dedicata a San Michele e ai Santi Arcangeli, che ospitava anche altri affreschi di Jacopo da Verona.
La Cappella fu eretta a seguito dell’incendio del 1390. La sua collocazione è infatti a ridosso del Castelvecchio e fu teatro di scontri nel corso della riconquista di Padova ai Visconti, guidata dall’ultimo Signore della città, Francesco II Novello da Carrara. Gli affreschi che decorano la cappella di Santa Maria della Chiesa di San Michele furono realizzati nel 1397 da Jacopo da Verona, forse con l’aiuto dei suoi due figli. Una lapide ancora in sito conferma la paternità di Jacopo da Verona e testimonia che la Cappella fu voluta nel 1397 da Piero, figlio di Bartolomeo de Bovi, cugino di Piero di Bonaventura, ufficiale della zecca dei Carraresi. Dagli affreschi emerge la figura di un pittore eclettico, che oltre agli elementi derivati dalla formazione presso Altichiero, ne accoglie altri presi da Giotto, Avanzi e Giusto Menabuoi. L’attenzione ritrattistica è particolarmente evidente nelle scene dell’Adorazione dei Magi e della Dormitio Virginis. In quest’ultima compaiono personaggi che sono stati variamente identificati in Petrarca, Francesco il Vecchio e Francesco II Novello da Carrara e lo stesso Bovi raffigurato a capo scoperto in primo piano.

 

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