1 Marzo 2023, Trattoria da Iseo

Ci sono delle consuetudini che caratterizzano le conviviali del nostro Club ed una di queste è sicuramente la cena di selvaggina che Giorgio Agugiaro offre ai soci per permettere al Club di destinare ad un service pari spesa. Alla trattoria da Iseo a Torreglia in una atmosfera informale il primo giorno di marzo di quest’anno il fascino della storia e della cultura si è intrecciato con il piacere della tavola con un menù ricercato a base di cinghiale e una selezione di vini abbinati alle portate scelti con maestria da Sara.
È stata una serata molto partecipata e cordiale nella quale il nostro socio Alberto Amadori ci ha raccontato le disavventure di un capolavoro della ceramica greca: il vaso François. Una relazione interessante e curiosa che ha ricostruito la storia di un capolavoro della ceramografia arcaica che prese il nome dall’archeologo che lo scoprì nella necropoli etrusca a “Fonte Rotella”, Chiusi.

Il cratere denominato “Vaso François” rappresenta un capolavoro della ceramica greca; opera del vasaio Ergotimos e del pittore Kleitias, firmato congiuntamente dal ceramista e dal pittore alla metà del VI secolo a. C., è uno dei crateri di maggiori dimensioni arrivato fino a noi, del peso di circa 22 chilogrammi e del diametro di oltre 80 centimetri, per una circonferenza massima di quasi 2 metri. La sua tipologia è quella tipica della ceramica a figure nere, in auge fino alla fine del VI secolo, quando fu sostituita quasi ovunque dalla produzione di manufatti a figure rosse. La decorazione del vaso è stata molto discussa dagli archeologi, ma sembra incentrarsi su miti relativi alle figure di Teseo e di Achille; la sua particolarità è la presenza di oltre 200 iscrizioni che illustrano i diversi personaggi raffigurati nella decorazione. Il vaso fu esportato in Etruria, nell’ambito dell’intenso commercio di manufatti ceramici di produzione greca e magno-greca, finendo a costituire l’arredo funerario di un potente personaggio dell’aristocrazia di Chiusi. Il cratere fu scoperto da Alessandro François, un archeologo “dilettante” impiegato presso il Ministero della Guerra del Granducato di Toscana, in una tenuta appartenuta al Granduca Leopoldo II nel 1844/45. Il François, ingiustamente dimenticato dalla storiografia ufficiale, rappresenta una figura di importanza capitale nella storia dell’archeologia, essendo il primo scavatore che abbia fondato una vera e propria archeologia scientifica, basata su studi e ricerche approfondite prima dell’attività sul campo.
Nel corso della sua lunga esistenza, il vaso ha subito una notevole serie di insulti. Il primo di essi fu una rottura probabilmente accidentale delle anse, avvenuta forse in Grecia o successivamente in Etruria, riparata in antiquo; il cratere fu poi ritrovato dal suo scopritore già in pezzi, ad opera di profanatori di tombe. Restaurato una prima volta a ridosso della scoperta, nonostante le importanti lacune che coinvolgevano circa un terzo del manufatto, il vaso François subì una catastrofica rottura il 9 settembre 1900, quando in un accesso di follia Giuseppe Maglioni, un usciere del Regio Museo Archeologico di Firenze presso cui era esposto, lo infranse in 638 pezzi. L’episodio, data la notorietà e preziosità del vaso, ebbe un’enorme eco non solo nell’entourage archeologico, ma anche sulla stampa. L’autore del folle gesto era un personaggio dal carattere instabile, dedito all’alcool, che aveva subito un ricovero in manicomio nel 1897 a Roma, dove lavorava come impiegato al Ministero della Pubblica Istruzione. Nonostante questo precedente, pochi mesi dopo il Ministero lo aveva destinato in comando al Museo Archeologico fiorentino, dove nonostante le stranezze lamentate da colleghi e superiori il Maglioni non aveva fino ad allora dato adito a particolari lagnanze. L’usciere fu processato e condannato in primo grado, ma assolto in appello per incapacità di intendere e di volere. Da allora, del folle usciere si è perduta qualsiasi traccia; ma il vaso François, perfettamente restaurato, troneggia ancora in tutto il suo splendore una sala del Museo Archeologico fiorentino.

 

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