Nella serata conviviale del 10 maggio 2023, Padre Joaquim Hudson S. Ribeiro ha illustrato ai Socie ed agli amici presenti il suo percorso di vita e di studi in Amazzonia.
Le farfalle sono il frutto di una metamorfosi che ha dato ad un bruco le ali per volare e sognare. Un sogno e l’impegno di Padre Joachim Hudson è ridare le ali a tanti bambini e adolescenti dell’Amazonia a cui l’abbandono, le violenze gli abusi hanno fatto molto male e spento il cuore.
In Amazonia abitano 24 milioni e mezzo di persone il 61% delle quali vivono in povertà; i bambini e gli adolescenti sono il 43% di tutti gli abitanti. Padre Joachim Hudson è nato nel 1973 in un villaggio lungo il Rio delle Amazoni, 13° di 14 figli, che mamma Rosa, dopo un incendio che aveva distrutto la loro casa, trasferisce con un battello a Manaus dove ricominciano la loro vita, costruiscono una prima casa di legno, e imparano anche a suonare, ciascuno uno strumento musicale diverso. Joachim suona bene il violino fin da molto piccolo, a 14 anni entra a far parte della Filarmonica di Manaus, contribuendo così al bilancio familiare e anche alla costruzione di una casa in mattoni. A 18 anni sente la vocazione al sacerdozio, entra in seminario, studia per 6 anni presso i gesuiti, ma sceglie poi di far parte del clero diocesano per condividere tutta la sua vita con i più deboli, con gli ultimi. Frequenta infatti continuamente le favelas, dove si soffre per la mancanza di risposte ai bisogni primari della vita e dove anche le relazioni possono essere molto difficili, e incontra le comunità dei più bisognosi, poveri, ammalati, lebbrosi, tossicodipendenti, anziani abbandonati ed emarginati di ogni genere, cercando di essere “prossimo” e di dar loro con la sapienza del cuore risposte concrete, strutturate e più efficaci possibile. E anche ora che è Parroco della Cattedrale e Responsabile dell’Università Cattolica di Manaus continua ad essere “un prete di frontiera dedicato ai bisognosi”.
Si laurea anche in psicologia e consegue vari Masters, di cui uno a Milano, per approfondire i temi della famiglia e poter dare anche in questo campo risposte concrete ed efficaci, come gli ha chiesto il suo Vescovo.
In questo percorso di vita e di studi si imbatte inevitabilmente con il problema dei bambini abbandonati, delle violenze che subiscono e degli abusi sessuali a cui sono sottoposti non solo da parte di adulti delle loro comunità ma anche da parte di chi li va cercando da tante parti del mondo, fino alla tratta sia per lo sfruttamento sessuale che anche per disporre dei loro organi per trapianti. Il Brasile è tra i primi paesi al mondo, dopo l’India, dove tutto questo avviene ed è anche il paese dove ci sono più suicidi tra i minori. Essere trattati come oggetti e non come persone, toglie loro ogni possibile soggettività, spenge il loro cuore e non può bastare allora una risposta ai soli bisogni materiali, ma occorre completarla aiutandoli a ritrovare se stessi, i sogni, i desideri, il futuro, dar loro nuove ali per volare nella vita, costruire relazioni interpersonali vere, saper nuovamente sorridere. Per questo, insieme alla risposta ai bisogni primari (alloggio, fame, salute) organizza un gruppo di professionisti di psicoterapia, per aiutarli a guarire le ferite del cuore e della mente.
L’estensione e la gravità del problema richiede anche sforzi per ridurlo e se possibile rimuoverlo, affrontandolo in tutta la sua complessità. Così il progetto va oltre il prezioso aiuto ai singoli e si struttura mettendo insieme e integrando tante azioni diverse capaci di agire anche sulle cause sia quelle che vengono da lontane sponde culturali e sociali, che quelle attuali; da una parte si studiano e si attuano progetti di prevenzione nella scuola, organizzando gruppi e comunità, coinvolgendo le mamme e le famiglie, dall’altra si ottiene dallo stato una legge per la protezione dei minori; si fanno anche ricerche scientifiche per migliorare continuamente l’adeguatezza dell’assistenza e dell’impegno sociale.
Il problema riguarda inoltre un territorio esteso e tante tante persone anche fuori del capoluogo. Con il sostegno di Papa Francesco viene acquistato e ristrutturato un vecchio edificio di Manaus che possa essere il luogo dell’accoglienza e della cura, dello studio del fenomeno, della progettazione e della verifica della prevenzione e dell’assistenza, ma anche il nodo a cui si possano collegare in rete tanti villaggi della foresta. E dopo 10 anni di lavoro si vedono anche i frutti: tanti bambini sono tornati a volare ed alcuni di loro, ormai grandi, hanno anche scelto di partecipare attivamente al progetto aiutando quelli che vengono offesi e non sanno più volare e lavorando perché la società acquisisca sempre di più la coscienza che i minori non sono oggetti da usare o esibire ma persone del cui sviluppo umano siamo tutti responsabili.

(Daria Minucci)

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